“L’uomo: ciò che non lo uccide, lo rende più forte.”
(Friedrich Nietzsche)
Cosa è la Resilienza?
In psicologia viene definita come la capacità dell’individuo di adattarsi positivamente ad una condizione negativa e traumatica. In altre parole, è l’abilità di autoripararsi dopo un danno, riuscendo a riorganizzare positivamente la propria vita in seguito alle avversità affrontate.
Le persone resilienti considerano le difficoltà come opportunità per mettere in campo le proprie risorse (sia interne che esterne), riuscendo così a raggiungere un equilibrio più funzionale.
La resilienza, pertanto, non riguarda la mera resistenza passiva di fronte alle avversità, ma concerne una risposta cosciente e una ricostruzione che amplia le prospettive di crescita personali. La persona resiliente non è colui che minimizza o nega le difficoltà, ma è colui che, nonostante le difficoltà, riesce ad andare avanti con una forza e una conoscenza di sé rinnovate. Egli, in altre parole, è in grado di trasformare il trauma in una fonte di apprendimento di competenze utili a migliorare la propria qualità di vita e proseguire nella crescita.
Perchè la resilienza cambia da persona a persona e di momento in momento?
E’ importante sapere che la resilienza non è una qualità innata ed immutabile. Essa, infatti, si può apprendere ed allenare durante tutto il corso della vita. Non tutti hanno lo stesso livello di resilienza a determinati traumi, alcune persone possono uscire fortificate da certe esperienze, mentre altre non riescono a superarle. Questa differenza può essere spiegata dal fatto che la resilienza di una persona è influenzata da diversi fattori di tipo individuale, sociale e relazionale. In generale, si può ritenere che la qualità delle risorse personali possedute ed i legami che si sono costruiti prima e dopo l’evento traumatico sono determinanti per l’incremento della resilienza.
Una persona resiliente, generalmente, è dotata di:
- Empatia;
- Autostima;
- Ottimismo;
- Problem solving;
- Relazioni positive;
- Senso dell’umorismo;
- Abilità comunicative;
- Buone strategie di coping;
- Adeguata integrazione sociale.
Come si può notare, molte di queste abilità sono comprese nelle Life Skills e si possono migliorare durante tutto il corso della vita.
Come si potenzia la resilienza?
Un metodo consigliato per promuoverla consiste nel praticare la Mindfulness, ovvero sviluppare la capacità di concentrarsi ed “allontanarsi” dai propri pensieri, osservandoli senza giudicarli e considerandoli solamente ciò che realmente sono, ovvero prodotti della propria mente. In questo modo non si verrà soverchiati da essi e perderanno potere. Un buon esercizio per acquisire consapevolezza di sè lo si può trovare cliccando su questo link.
Se, invece, si volesse solamente rendersi consapevoli dei pensieri per acquisire potere su di essi, è sufficiente allenarsi in questo modo:
Scrivi i tuoi cinque principali pensieri negativi, quelli che affollano più spesso la tua mente. Poi, con la pratica, impara a riconoscerli e a distinguerli: li vedi arrivare, li osservi e ne prendi le distanze. Questo renderà i tuoi pensieri meno potenti e soverchianti.
Tipi di resilienza:
Al di là del dolore del trauma che si è dovuto fronteggiare, è possibile ridefinire la sofferenza vedendola come un valore aggiunto, come una possibilità di godere appieno delle bellezze della vita e di comprendere meglio le sofferenze altrui. Secondo Cyrulnik, uno degli autori che hanno approfondito maggiormente questo costrutto, pur tenendo conto che alcune ferite non si rimargineranno mai completamente, se il trauma viene vissuto come un’occasione di realizzazione superiore, può arricchire molto l’individuo. Cyrulnik, a questo proposito, fa l’associazione con la condizione del cigno che, nella famosa storia di Andersen, si è sviluppato in tutto il suo splendore partendo dall’essere considerato un brutto anatroccolo e dovendo affrontare molteplici avversità.
La resilienza, infine, può essere considerata come una posizione soggettiva nei confronti di ciò che ci troviamo ad affrontare nel corso della vita. Di seguito sono riportati alcuni esempi di crescita offerti dalla resilienza:
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Posizione rivendicativa:
il danno subìto viene inteso come propulsore di lotta e ricerca di giustizia. Un esempio è dato dalle Madres de Plaza de Mayo che per trentasei anni hanno lottato per far luce sui crimini contro l’umanità perpetrati durante l’ultima dittatura militare in Argentina. Attraverso le loro proteste hanno chiesto giustizia per i loro familiari desaparecidos, utilizzando il trauma subìto come fonte d’ispirazione per un cambiamento sociale.
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Posizione riparatoria:
la sofferenza affrontata si trasforma in questo caso in un principio etico e solidale, volto ad aiutare altre persone nella stessa situazione e a fare in modo che la tragedia vissuta non si ripeta. Un esempio di questa risposta adattiva è dato dai genitori delle vittime di un incidente stradale che ha coinvolto un autobus scolastico. Queste famiglie si sono unite nel lutto ed hanno dato vita ad una campagna di sensibilizzazione sulla sicurezza stradale che ha apportato benefici all’intera comunità, prevenendo ulteriori incidenti.
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Posizione creativa:
questa risposta prevede un diverso modo di elaborare e trasformare il danno subìto, tramite l’espressione artistica. La scrittura, l’arte e la musica, ad esempio, offrono la possibilità di esprimere l’inenarrabile. Come esempio è d’obbligo citare lo scrittore Primo Levi che ha cercato di metabolizzare le esperienze traumatiche vissute nei Lager nazisti tramite l’espressione artistica.
Come si allena la resilienza?
- Evitando di iper-proteggersi indebolendo la capacità e la possibilità di rispondere a eventi imprevisti e critici (pensiamo al nostro sistema immunitario, se una persona vive chiusa in casa non si ammalerà, ma alla prima occasione il fisico ne uscirà debilitato in quanto non ha anticorpi adeguati per proteggersi e combattere le malattie).
- Accogliendo l’incertezza e allenandosi a reagire agli imprevisti.
- Sperimentando: preferendo, cioè, strategie basate su prove ed errori piuttosto che seguendo alla cieca dettami imposti da altri.
- Considerando l’eventuale fallimento come strumento di informazione e di crescita.
- Evitando di agire secondo regole e schemi predefiniti. I cambiamenti, infatti, richiedono flessibilità e convergenza tra iniziative, esperienze e necessità.
- Promuovendo la collaborazione con gli altri; è essenziale intendere il confronto come possibilità di arricchimento e crescita reciproca.
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Bibliografia:
- Cyrulnik, B. & Malaguti, E., (2005). Costruire la Resilienza. La riorganizzazione positiva della vita e la creazione di legami significativi. Erickson, Trento.
- Rozenfeld, A., (2014). La resilienza: una posizione soggettiva di fronte alle avversità. Fratelli Frilli Eeditori, Genova.